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Social: il dramma della mancanza del rifiuto

Thinqua®- THINk QUAntic - Mind creates Reality
Pubblicato da Thinqua® in Attualità · 5 Aprile 2022
Tags: socialfacebookfeedbackautoreferenzialità
Ogni essere umano è sensibile ai feedback che riceve. Un feedback positivo nutre la nostra identità, ci fa sentire sicuri, aumenta la nostra autostima, e più in generale ci fa sentire bene. Al contrario, un feedback negativo ci rende più insicuri e demotivati, e certamente ci fa sentire meno felici. Se poi a seguito di un feedback negativo ricevuto non riusciamo a produrre una reazione, quel feedback negativo procura anche frustrazione.
 
Per questi motivi siamo continuamente alla ricerca di feedback positivi.

Desideriamo che le nostre idee siano apprezzate; siamo felici se qualcuno o qualcuna è attratto/a da noi; proviamo emozioni positive sul lavoro se qualcuno si congratula con noi; ci sentiamo bene quando qualcuno/a ci ama. Allo stesso modo ricerchiamo feedback positivi quando pratichiamo uno sport, attraverso la vittoria o più in generale una buona performance, o quando pratichiamo un hobby e produciamo qualcosa: un quadro, un mobile, una maglia ai ferri.

Ricerchiamo feedback positivi in ogni attività che svolgiamo, quotidianamente, perchè è così che nutriamo la nostra identità. Senza feedback positivi moriamo dentro.

Il Feedback positivo più efficace è quello coerente tra livello esperenziale e livello verbale. Se riceviamo belle parole, ma a livello esperenziale abbiamo fallito, quel feedback verbale vale poco. L'esperienza "scrive" nel nostro inconscio. Se le parole sono coerenti all'espereinza, allora la rafforzano; se non sono coerenti con l'esperienza, allora hanno poco valore. Tant'è che se arriviamo primi ad una corsa, e qualcuno ci dice che non sappimao correre, non ci tocca più di tanto, perchè l'esperienza dice altro ed è più forte delle parole. Al contrario, se arriviamo ultimi ad una corsa, e qualcuno ci dice che siamo bravissimi a correre, quelle parole non sono sufficienti a sollevarci dal fallimento.

L'esperienza "scrive" nel nostro inconscio.
 
La vita nella sua forma esperienziale è un giudice piuttosto oggettivo quando dà feedback: se siamo dei giocatori di calcio, degli attaccanti, e non segniamo mai e facciamo molti errori, allora non riceviamo feedback positivi svolgendo quell'attività. Se dopo aver giocato a calcio desideriamo tornare a casa felici, piuttosto che tristi e frustrati, dobbiamo per forza di cose imparare a giocare meglio a calcio. Siamo costretti a cambiare e a migliorare per fare goal e fare meno errori. Non c'è altra soluzione.
La stessa cosa la dobbiamo fare se desideriamo ricevere feedback positivi al lavoro, o nelle relazioni, o in qualunque altro ambito della vita: dobbiamo cambiare e migliorare, imparare a “giocare” meglio.
 
La sopravvivenza della nostra identità nella vita esperienziale è direttamente collegata alla nostra capacità di cambiare e migliorare, così da registrare feedback positivi reali, esperenziali.
 
Esiste anche una vita virtuale, fatta di parole e di racconti di esperienze, che sono anch'essi parole. E' la vita sui social.
 
In questa vita entrano in gioco 2 fattori nuovi che non esistono nella vita esperienziale: la statistica e la mancanza di filtri. Questi 2 fattori si sommano al fattore comune ad entrambe le vite: la ricerca del compiacimento.
 
Statistica: sui social è possibile confrontarsi con un numero decisamente grande di individui, decisamente più grande del numero di individui con i quali ci relazioniamo nella vita esperienziale.
 
Mancanza di filtri: sui social si possono dire tantissime cose che nella vita esperienziale non si direbbero, poiché causerebbero conseguenze negative.
 
Ricerca del compiacimento: quanto dicevamo all’inizio di questo articolo: abbiamo bisogno di registrare feedback positivi.
 
 
Questi 3 fattori creano un mix di condizioni ideale per far emergere la parte peggiore di ognuno di noi, e ancora peggio, per rafforzarla anziché mitigarla.
 
STATISTICA: Statisticamente giocando male a calcio troverò in squadra da nessuno a qualche unità che giochi male come me, o la squadra non potrebbe esistere. Giocando male a calcio registrerò molti feedback negativi che mi spingeranno ad abbandonare quell’attività, oppure a reagire e a migliorare me stesso. In nessun caso in quella situazione penserò di essere bravo, o peggio, penserò che sono gli altri compagni di squadra, quelli bravi, o l’allenatore, o il pubblico che mi fischia, a sbagliare.
Ma i social raccolgono migliaia di individui che come me giocano male a calcio, e che come me hanno subito l’umiliazione di essere fischiati. E’ statistica: con un pubblico così vasto, anche coloro che nella mia esperienza reale rappresenterebbero una piccola minoranza acquisiscono sui social un peso numericamente rilevante.
 
MANCANZA DI FILTRI: e poiché sui social non ho filtri, sfogo la mia frustrazione contro coloro che mi fischiavano. Nella mia vita reale non sarei mai andato dall’allenatore dandogli dell’incompetente. Ma sui social lo posso fare, non devo affrontare le conseguenze di quello che scrivo. Lo faccio per sfogarmi, per poter dire la mia, una volta tanto. Ma la statistica gioca a mio favore, e quello che scrivo viene letto da centinaia  di altri individui delusi come me, che si identificano con l’esperienza che ho vissuto io.
 
RICERCA DEL COMPIACIMENTO: e qui avviene la magia: quegli individui delusi come me mi danno ragione, si uniscono alla mia critica, la rafforzano. Mi dicono “bravo”. E così io registro quel feedback positivo che non sono riuscito a registrare sul campo di calcio.
 
Ed è così che cresce il “mostro” che c’è in me, che c’è in ognuno di noi.
E’ un mostro perché quel feedback non arriva dall’esperienza, ho fatto un fantastico goal, e non arriva neanche da coloro dai quali lo avrei desiderato: i compagni di squadra bravi, l’allenatore, il pubblico.
E’ un feedback che vale poco, che mi nutre poco, e che soprattutto non cancella la frustrazione di non saper fare goal. Perché non è un feedback reale, esperienziale, e non è un feedback dato da coloro dai quali lo desideravo. Solo imparare a fare goal mi avrebbe davvero nutrito.
 
Questo invece è un feedback che nutre il mio Ego e che lascia denutrita la mia identità. Così ho ancora più fame. Allora critico ancora, mi sfogo ancora più aggressivamente. E la statistica, di nuovo, gioca a mio favore, e ricevo i plausi di individui altrettanto frustrati e delusi.
Mi auto compiaccio per quei feedback, posso dire finalmente di avere ragione io, perché centinaia di individui mi stanno dicendo che ho ragione, alla faccia del mio allenatore e del pubblico che mi fischiava. Erano loro che non capivano il mio valore. Ed il mostro cresce. Più triste, più aggressivo, più affamato che mai.
 
Ma anche se mi racconto la favola che ho ragione io, perché me lo stanno dicendo in centinaia, il mio inconscio riconosce l’inganno. Il mio inconscio ha bisogno di un feedback reale per stare bene, per crescere sano. Il mio inconscio ha bisogno di fare goal nella vita reale.
 
I social creano mostri perché distorcono la percezione che abbiamo di noi stessi; qualunque cosa diciamo, qualunque cosa facciamo, i social ci danno la possibilità di credere di essere nel giusto. Chiunque può dire qualunque cosa, e troverà sempre qualcun altro che gli darà ragione.
Per assurdo potremmo condividere di aver assassinato qualcuno, e certamente troveremmo qualcun altro che ci dirà che abbiamo fatto bene a farlo.
 
Se eliminiamo il confronto con il fallimento della vita reale e con il giudizio della maggioranza di riferimento, non abbiamo più bussole che ci indicano la via. In che direzione andare, dove dobbiamo migliorare. Chi siamo.

Non avere paura della vita reale. Non avere paura dei feedback negativi che puoi ricevere nella vita reale. Servono a farti scegliere se qualcosa fa per te oppure no, e se fa per te, servono a spingerti a migliorarti.
 
Non accontentarti di migliaia di like e complimenti di gente qualunque. Per il tuo inconscio vale di più un solo feedback positivo di un esperto in qualcosa in cui vuoi essere bravo che 1.000 feedback di gente qualunque.
 
E l’esperto fa quello di lavoro. E’ l’allenatore della squadra di calcio. Non passa il suo tempo a commentare post sui social.
 
Esci, chiudi i social, cerca il feedback positivo nella vita reale, dall’allenatore di calcio.

Così sarai felice.
Così troverai te stesso/a.
Così aumenterà la tua autostima, per davvero.


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